25 aprile: la memoria che cammina
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25 aprile: la memoria che cammina
resistenza

Alcune date hanno una forte potenza emotiva, una potenza carica di memoria, ricordi, di storia passata e di quella futura. Il 25 aprile è una di quelle.  

Perchè non importa quanti anni sono ormai passati da quel lontano primo 25 aprile 1945, ogni anno questa data torna con lo stesso carico emotivo, a ricordarci qualcosa di fondamentale che abbiamo tutti l'obbligo di mantenere vivo nel ricordo dei nostri cuori: la liberazione dell'Italia dal Nazifascismo.  

Ogni anno mi chiedo: "E' ancora importante ricordarlo? Davvero c'è bisogno di parlare di Resistenza oggi, nel 2025?"  

Ed ogni volta la risposta è la stessa: "Sì! oggi più che mai!".  

Non è solo per amore della storia ma è anche e soprattutto perché questa data parla di noi, delle nostre scelte quotidiane, del nostro passato e del nostro futuro. E, infine, perché parla della nostra libertà - quella che abbiamo ereditato da chi si è battuto perdendo la vita per garantirla ai posteri - di cosa facciamo con la libertà che abbiamo ereditato e che, purtroppo troppo spesso ormai diamo per scontata dimenticando che c'è stato chi ha perso la vita in nome dell'Italia libera.  

Quando Roma si svegliò libera.  

Era il 4 giugno 1944 il giorno in cui Roma si liberò. Non fu la fine della guerra - quella sarebbe avvenuta l'anno dopo - ma fu un primo importantissimo segnale: la liberazione era possibile!  

Nelle valli e nei boschi del Nord, intanto, i partigiani continuavano a combattere. Non erano eroi da film, erano giovani, donne, contadini, operai. Scelsero di resistere. Non per odio, ma per amore: della giustizia, della dignità, della libertà.  

Il 25 aprile 1945 il sogno divenne realtà: Milano, Torino, Genova vennero liberate. 

La voce di Sandro Pertini alla radio clandestina ruppe il silenzio della paura: “Arrendersi o perire!”

La guerra era finita. Ma era solo l’inizio. 

Ma oggi, nel 2025, cosa vuol dire "resistere"?  

Viviamo in tempi complessi e burrascosi, non solo in zone notoriamente conosciute per essere fronti di guerra (Israele e Palestina, Ucraina e Russia ecc.) ma anche nel nostro piccolo quotidiano quando siamo costretti a fronteggiare la notizia dell'ennesimo femminicidio o le escalation di violenza verbale e fisica delle nuove generazioni la cui aggressività sta destando sempre più preoccupazione e sconcerto tra psicologi, pedagogisti e famiglie.  

Ormai sono tante e diverse le forme di violenza: laddove nel 1945 c'era la guerra come nemico comune da fronteggiare, ora invece dilaga la violenza verbale, sociale, istituzionale. L'odio cambia il linguaggio comune per vestirsi di opinioni, di "sincerità" che viene spiattellata più che altro sui social e sui media in modo duro e spietato da persone che hanno quasi del tutto perso quella forma di delicatezza e sensibilità che un tempo connotava quella parola e che la rendeva un pregio (mentre oggi chi si professa sincero è quasi sempre un leone da tastiera pronto a riversare la sua frustrazione e la sua violenza verbale su questa o quella tematica).  

In poche parole oggi, come ieri, assistiamo allo stesso meccanismo: si divide, si disumanizza e si manipola.  

Ed è proprio qui che il 25 aprile torna a parlarci. Con forza.  

Non come una pagina di storia, no. Piuttosto come un test della realtà che prepotentemente ci pone tutti di fronte al quesito "stiamo davvero usando bene e in modo costruttivo la libertà che abbiamo ereditato?" 

Essere davvero liberi infatti, non significa semplicemente poter esprimere la propria opinione mascherando l'aggressività personale con la finta schiettezza e la sincerità ma è soprattutto saper ascoltare senza voltarsi dall'altra parte, scegliendo ogni giorno il rispetto dell'altro, dell'opinione diversa dalla nostra e il dialogo invece dell'indifferenza.  

Perché a ben riflettere il contrario dell'amore non è l'odio... è proprio l'indifferenza.  

Celebrare oggi il 25 aprile significa dunque non essere indifferenti, significa non dare nulla per scontato e soprattutto sapere che ogni conquista democratica può regredire se non ci si impegna a custodirla. 

E che la memoria ha bisogno di essere viva per continuare ad esistere.  

Il 25 aprile dunque non è solo per chi c'è ora ma anche e specialmente per chi non c'è più, per chi quella guerra l'ha vissuta e per tutti noi che abbiamo avuto la fortuna di essere nati dopo di essa e ne abbiamo raccolto l'eredità.  

È una memoria attiva, che ci spinge a riflettere sulle disuguaglianze, sulle nuove resistenze che viviamo oggi: il diritto all’istruzione, al lavoro dignitoso, all’identità, alla pace. 

Oggi resiste chi difende la dignità umana, chi si batte per i diritti civili, chi si impegna contro la discriminazione. Chi tiene viva l’empatia in un mondo che tende alla semplificazione e alla superficialità. 

Il 25 aprile, dunque, non è solo celebrazione.  

È una lente, che ci aiuta a leggere il presente e a non smarrire la strada.  

È la voce che ci ricorda che, anche in mezzo al rumore, esiste ancora la possibilità di scegliere e che questa libertà di scelta ci è stata regalata da chi ha perso la propria vita pur di donarcela. 

È il coraggio, se serve, di dire no.  

Il 25 aprile è mio, è tuo. È di tutti noi. Onorarlo significa quindi portarlo nel quotidiano, nei piccoli gesti della vita di tutti i giorni. Perché resistere, oggi più che ieri, in una società come la nostra intrisa di indifferenza e odio, significa semplicemente restare umani

E tu, credi ancora nell'importanza del 25 aprile?

Vuoi capire davvero il 25 aprile? Approfondisci così!
Ecco alcuni consigli — pillole resistenti — per entrare in quella memoria che ci riguarda tutti:
Film
  • Roma città aperta – Roberto Rossellini
  • Il partigiano Johnny – Guido Chiesa
  • Una questione privata – Paolo e Vittorio Taviani
  • L'uomo che verrà – Giorgio Diritti
  • Jojo Rabbit – Taika Waititi (surreale e potente)
Libri
  • Il sentiero dei nidi di ragno – Italo Calvino
  • Una questione privata – Beppe Fenoglio
  • Se questo è un uomo – Primo Levi
  • L'Agnese va a morire – Renata Viganò
  • La Resistenza taciuta – Anna Bravo e Anna Maria Bruzzone

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